SESSIONE XIII (11 ottobre 1551)
Decreto sul santissimo sacramento dell’eucarestia.
Il sacrosanto
concilio ecumenico e generale Tridentino, legittimamente riunito nello Spirito
santo, sotto la presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della Sede
Apostolica, benché non senza una particolare guida e ammaestramento dello
Spirito santo si sia raccolto per esporre, cioè, la vera e antica dottrina
della fede e dei sacramenti e rimediare a tutte le eresie e agli altri gravissimi
mali, da cui la chiesa di Dio è ora miseramente travagliata e divisa in molte e
diverse parti, questo, tuttavia, fin da principio si prefisse in modo
particolare: strappare dalle radici la zizzania degli abominevoli errori e
degli scismi, che il nemico in questi nostri tempi procellosi ha sovraseminato
(201) sulla dottrina della fede, sull’uso e sul culto della sacrosanta
eucarestia, che, d’altra parte, il nostro Salvatore ha lasciato nella sua
chiesa come segno di unita e di amore, con cui volle che tutti i cristiani
fosse congiunti ed uniti fra loro.
Quindi lo stesso
sacrosanto sinodo intende proporre su questo venerabile e divino sacramento
dell’eucarestia, la sana, pura dottrina che la chiesa cattolica, istruita dallo
stesso Gesù Cristo, nostro signore, e dagli apostoli, e sotto l’influsso dello
Spirito santo, che le suggerisce (202) di giorno in giorno ogni verità, ha
sempre ritenuto e riterrà fino alla fine del mondo. Esso, quindi, proibisce a
tutti i fedeli cristiani di osare in seguito, di credere, insegnare o predicare
diversamente da come è stato spiegato e definito da questo presente decreto.
Capitolo I.
Della presenza reale del signore nostro Gesù Cristo nel
santissimo sacramento dell’eucarestia.
Prima di tutto
questo santo sinodo insegna e professa chiaramente e semplicemente che nel
divino sacramento della santa eucarestia, dopo la consacrazione del pane e del
vino, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente, sotto l’apparenza di
quelle cose sensibili, il nostro signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Non sono, infatti,
in contrasto fra loro questo due cose: che lo stesso nostro Salvatore sieda
sempre nei cieli alla destra del Padre, secondo il modo naturale di esistere, e
che, tuttavia, presente in molti altri luoghi, sia presso di noi con la sua
sostanza, sacramentalmente, con quel modo di esistenza, che, anche se
difficilmente possiamo esprimere a parole, possiamo, tuttavia, comprendere con
la nostra mente, illuminata dalla fede, essere possibile a Dio (203), e che
anzi dobbiamo credere fermissimamente. Questo, infatti, tutti i nostri padri,
che vissero nella vera chiesa di Cristo, e che hanno trattato di questo
santissimo sacramento, hanno professato chiarissimamente: che il nostro
Redentore ha istituito questo meraviglioso sacramento nell’ultima cena, quando,
dopo la benedizione del pane e del vino, affermò con parole esplicite e chiare
di dare ad essi il proprio corpo e il proprio sangue.
Queste parole, riportate dai santi evangelisti (204), e
ripetute poi da S. Paolo (205), hanno per sé quel significato proprio e
chiarissimo, secondo cui sono state comprese dai padri, è pertanto sommamente
indegno che esse vengano distorte da alcuni uomini rissosi e corrotti a
immagini fittizie e immaginarie, con le quali è negata la verità della carne e
del sangue di Cristo, contro il senso generale della chiesa, la quale come colonna
e sostegno della verità (206), ha detestato come sataniche queste
costruzioni fantastiche, escogitate da uomini empi, riconoscendo con animo
sempre grato e memore questo preziosissimo dono di Cristo.
Capitolo II.
Del modo come è stato istituito questo santissimo
sacramento.
Il Signore, quindi, nell’imminenza di tornare da questo
mondo al Padre, istituì questo sacramento. In esso ha effuso le ricchezze del
suo amore verso gli uomini, rendendo memorabili i suoi prodigi (207), e
ci ha comandato (208) di onorare, nel riceverlo, la sua memoria e di annunziare
la sua morte, fino a che egli venga (209) a giudicare il mondo.
Egli volle che questo sacramento fosse ricevuto come cibo
spirituale delle anime, perché ne siano alimentate e rafforzate, vivendo della
vita di colui, che disse: Chi mangia me, anche lui vive per mezzo mio
(210) e come antidoto, con cui liberarsi dalle colpe d’ogni giorno ed essere
preservati dai peccati mortali.
Volle, inoltre, che
esso fosse pegno della nostra gloria futura e della gioia eterna; e quindi
simbolo di quell’unico corpo, di cui egli è il capo (211), e a cui volle che
noi fossimo congiunti, come membra, dal vincolo strettissimo della fede, della
speranza e della carità, perché tutti professassimo la stessa verità, e non vi
fossero scismi fra noi (212).
Capitolo III.
Eccellenza della santissima eucarestia sugli altri
sacramenti.
La santissima
eucarestia ha questo di comune con gli altri sacramenti: che è simbolo di una
cosa sacra e forma visibile della grazia invisibile (213).
Tuttavia in essa vi
è questo di eccellente e di singolare: che gli altri sacramenti hanno il potere
di santificare solo quando uno li riceve, mentre nell’eucarestia vi è l’autore
della santità già prima dell’uso. Difatti gli apostoli non avevano ancora
ricevuto l’eucarestia dalla mano del Signore (214) e già Egli affermava che
quello che Egli dava era il suo corpo. Sempre vi è stata nella chiesa di Dio
questa fede, che, cioè, subito dopo la consacrazione, vi sia, sotto l’apparenza
del pane e del vino, il vero corpo di nostro Signore e il suo vero sangue,
insieme con la sua anima e divinità. In forza delle parole, il corpo è sotto la
specie del pane e il sangue sotto la specie del vino; ma lo stesso corpo sotto
la specie del vino, e il sangue sotto quella del pane, e l’anima sotto l’una e
l’altra specie, in forza di quella naturale unione e concomitanza, per cui le
parti di Cristo Signore, che ormai è risorto dai morti e non muore più (215),
sono unite fra loro; ed inoltre la divinità per quella sua ammirabile unione
ipostatica col corpo e con l’anima.
È quindi verissimo
che sotto una sola specie si contiene tanto, quanto sotto l’una e l’altra.
Cristo, infatti, è tutto e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi
parte di questa specie; e similmente è tutto sotto la specie del vino e sotto
le sue parti.
Capitolo IV.
La transustanziazione.
Poiché, poi, Cristo,
nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la
specie del pane (216), perciò fu sempre persuasione, nella chiesa di Dio, - e
lo dichiara ora di nuovo questo santo concilio - che con la consacrazione del
pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella
sostanza del corpo di Cristo, nostro signore (217), e di tutta la sostanza del
vino nella sostanza del suo sangue.
Questa
trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa chiesa
cattolica transustanziazione.
Capitolo V.
Del culto e della venerazione dovuti a questo santissimo
sacramento.
Non vi è, dunque,
alcun dubbio che tutti i fedeli cristiani secondo l’uso sempre ritenuto nella
chiesa cattolica, debbano rendere a questo santissimo sacramento nella loro
venerazione il culto di latria, dovuto al vero Dio.
Non è, infatti, meno degno di adorazione, per il fatto che
sia stato istituito da Cristo signore per essere ricevuto. Crediamo, infatti,
che è presente in esso lo stesso Dio, di cui l’eterno Padre, introducendolo nel
mondo, dice: E lo adorino tutti i suoi angeli (218); che i magi,
prostrandosi, adorarono (219), che la scrittura attesta essere stato adorato in
Galilea dagli apostoli (220).
Dichiara, inoltre,
il santo concilio, che con pensiero molto pio e religioso è stato introdotto
nella chiesa di Dio l’uso di celebrare ogni anno con singolare venerazione e
solennità e con una particolare festività questo nobilissimo e venerabile
sacramento, e di portarlo con riverenza ed onore per le vie e per i luoghi
pubblici, nelle processioni (221). È giustissimo, infatti, che siano stabiliti
alcuni giorni festivi, in cui tutti i cristiani manifestino con cerimonie
particolari e straordinarie il loro animo grato e memore verso il comune
Signore e Redentore, per un beneficio così ineffabile e divino, con cui viene
ricordata la sua vittoria e il suo trionfo sulla morte.
Ed era necessario
che la verità trionfasse talmente sulla menzogna e sull’eresia, perché i suoi
avversari, posti dinanzi a tanto splendore e a tanta letizia della chiesa
universale, o vengano meno, disfatti e vinti, o presi e confusi dalla vergogna,
si ricredano.
Capitolo VI.
Della conservazione del sacramento della santa eucarestia e
del dovere di portarlo agli infermi.
L’uso di conservare
la santa eucarestia in un tabernacolo è così antico che fu conosciuto anche ai
tempi del concilio di Nicea (222).
Che poi la stessa
santa eucarestia venga portata agli infermi, e che a questo scopo venga
diligentemente conservata nelle chiese, oltre che esser sommamente giusto e
ragionevole, è anche comandato da molti concili (223) ed è stato predicato con
antichissima consuetudine dalla chiesa cattolica.
Questo santo sinodo,
perciò, stabilisce che quest’uso del tutto salutare e necessario debba esser
conservato.
Capitolo VII.
Della preparazione necessaria per ricevere degnamente la
santa eucarestia.
Se non è lecito ad alcuno partecipare a qualsiasi sacra
funzione, se non santamente, certo, quanto più il cristiano percepisce la
santità e la divinità di questo celeste sacramento, tanto più diligentemente
deve guardarsi dall’avvicinarsi a riceverlo senza una grande riverenza e
santità, specie quando leggiamo presso l’apostolo quelle parole, piene di
timore: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve il proprio giudizio,
non distinguendo il corpo del Signore (221).
Chi, quindi, intende comunicarsi, deve richiamare alla
memoria il suo precetto: L’uomo esamini se stesso (225). E la
consuetudine della chiesa dichiara che quell’esame è necessario così che
nessuno, consapevole di peccato mortale, per quanto possa credere di esser
contrito, debba accostarsi alla santa eucarestia senza aver premesso la
confessione sacramentale.
Il santo sinodo
stabilisce che questa norma si debba sempre osservare da tutti i cristiani,
anche da quei sacerdoti che sono tenuti per il loro ufficio a celebrare, a meno
che non manchino di un confessore. Se poi, per necessità, il sacerdote
celebrasse senza essersi prima confessato, si confessi al più presto.
Capitolo VIII.
Dell’uso di questo ammirabile sacramento.
Quanto al retto e sapiente uso, i nostri padri distinsero
tre modi di ricevere questo santo sacramento. Dissero, infatti, che alcuni lo
ricevono solo sacramentalmente, come i peccatori. Altri solo spiritualmente,
quelli, cioè che desiderando di mangiare quel pane celeste, loro proposto, con fede
viva, che agisce per mezzo dell’amore (226), ne sentono il frutto e
l’utilità. Gli altri lo ricevono sacramentalmente e spiritualmente insieme, e
sono quelli che si esaminano e si preparano talmente prima, da avvicinarsi a
questa divina mensa vestiti della veste nuziale (227).
Nel ricevere la
comunione sacramentale fu sempre uso, nella chiesa di Dio, che i laici la
ricevessero dai sacerdoti; e che i sacerdoti che celebrano si comunicassero da
sé. Quest’uso, che deriva dalla tradizione apostolica, deve a buon diritto
esser osservato.
Finalmente questo santo sinodo con affetto paterno esorta,
prega e supplica, per la misericordia del nostro Dio (228), che tutti e
singoli i cristiani convengano una buona volta e siano concordi in questo segno
di unità, in questo legame di amore, in questo simbolo di concordia; e che,
memori di tanta maestà e di così meraviglioso amore di Gesù Cristo, nostro
signore, che sacrificò la sua vita diletta come prezzo della nostra salvezza, e
ci diede la sua carne da mangiare (229), credano e venerino questi sacri
misteri del suo corpo e del suo sangue con tale costanza e fermezza di fede,
con tale devozione dell’anima, con tale pietà ed ossequio, da poter ricevere
frequentemente quel pane supersostanziale (230), ed esso sia davvero per essi
vita dell’anima e perpetua sanità della mente, cosicché, rafforzati dal suo
vigore, da questo triste pellegrinaggio possano giungere alla patria celeste,
dove potranno mangiare, senza alcun velo, quello stesso pane degli angeli
(231), che ora mangiano sotto sacre specie.
Ma poiché non basta
dire la verità, se non si scoprono e non si ribattono gli errori, è piaciuto al
santo sinodo aggiungere questi canoni, di modo che tutti, conosciuta ormai la
dottrina cattolica, sappiano anche da quali eresie devono guardarsi e devono
evitare.
CANONI SUL
SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’EUCARESTIA
1. Se qualcuno
negherà che nel santissimo sacramento dell’eucarestia è contenuto veramente,
realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro signore Gesù Cristo,
con l’anima e la divinità, e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è
solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza, sia anatema.
2. Se qualcuno dirà
che nel santissimo sacramento dell’eucarestia assieme col corpo e col sangue di
nostro signore Gesù Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà
quella meravigliosa e singolare trasformazione di tutta la sostanza del pane
nel corpo, e di tutta la sostanza del vino nel sangue, e che rimangono
solamente le specie del pane e del vino, - trasformazione che la chiesa
cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione, - sia
anatema.
3. Se qualcuno dirà
che nel venerabile sacramento dell’eucarestia, fatta la separazione, Cristo non
è contenuto in ognuna delle due specie e in ognuna delle parti di ciascuna
specie, sia anatema.
4. Se qualcuno dirà
che, fatta la consacrazione, nel mirabile sacramento dell’eucarestia non vi è
il corpo e il sangue del signore nostro Gesù Cristo, ma solo nell’uso, mentre
si riceve, e non prima o dopo; e che nelle ostie o parti consacrate, che dopo
la comunione vengono conservate e rimangono, non rimane il vero corpo del
Signore, sia anatema.
5. Se qualcuno dirà
che il frutto principale della santissima eucarestia è la remissione dei peccati,
o che da essa non provengono altri effetti, sia anatema.
6. Se qualcuno dirà
che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio, non
debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non
debba neppure esser venerato con qualche particolare festività; ed esser
portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito
e consuetudine della santa chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica
venerazione del popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli
idolatri, sia anatema.
7. Se qualcuno dirà
che non è lecito conservare la santa eucarestia nel tabernacolo; ma che essa
subito dopo la consacrazione debba distribuirsi agli astanti; o non esser
lecita che essa venga portata solennemente agli ammalati, sia anatema.
8. Se qualcuno dirà
che Cristo, dato nell’eucarestia, si mangia solo spiritualmente, e non anche
sacramentalmente e realmente, sia anatema.
9. Se qualcuno
negherà che tutti e singoli i fedeli cristiani dell’uno e dell’altro sesso,
giunti all’età della ragione, sono tenuti ogni anno, almeno a Pasqua, a
comunicarsi, secondo il precetto della santa madre chiesa, sia anatema.
10. Se qualcuno dirà
che non è lecito al sacerdote che celebra comunicare se stesso, sia anatema.
11. Se qualcuno dirà
che la fede è preparazione sufficiente per ricevere il sacramento della
santissima eucarestia, sia anatema.
E perché un così
grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, a morte e a
condanna, lo stesso santo sinodo stabilisce e dichiara che quelli che hanno la
consapevolezza di essere in peccato mortale, per quanto essi credano di essere
contriti, se vi è un confessore, devono necessariamente premettere la
confessione sacramentale.
Se poi qualcuno
crederà di poter insegnare, predicare o affermare pertinacemente il contrario,
o anche difenderlo in pubblica disputa, perciò stesso sia scomunicato.
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